La formazione al centro, nelle parole di padre Giacomo Costa, ospite della nostra Diocesi, in occasione del cinquantesimo della Scuola di formazione teologica
Non tanto una serata celebrativa per i 50 anni della Scuola diocesana di formazione teologica, ma un’occasione per guardare alle esigenze formative di oggi e del futuro, che nascono, soprattutto, dal cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa. Venerdì 14 novembre, all’auditorium San Pio X, l’intervento di padre Giacomo Costa, gesuita, consultore della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, ha aiutato i presenti ad avere proprio questa prospettiva. Il tema che gli è stato affidato – “Per una formazione “integrale, continua e condivisa in una Chiesa sinodale missionaria” – evocava davvero il percorso compiuto in questi anni dalla Chiesa universale e dalle Chiese che sono in Italia. E padre Costa ha portato la sua riflessione, a partire dalla propria personale esperienza di questi anni, a servizio del processo sinodale della Chiesa, e sulla scorta dei Documenti finali del Sinodo dei Vescovi (2021 – 2024) e del Cammino sinodale italiano (2021 -2025), evidenziando i tratti comuni sull’importanza di una formazione che sia “integrale, continua e condivisa”, il cui scopo “non è solo l’acquisizione di conoscenze teoriche, ma la promozione di capacità di apertura e incontro, di condivisione e collaborazione, di riflessione e discernimento in comune, di lettura teologica delle esperienze concrete”.
“Vivendo il processo sinodale abbiamo preso nuova coscienza che la salvezza da ricevere e da annunciare passa attraverso le relazioni” ha ricordato p. Costa, che ha messo in luce il fatto che ogni vocazione, carisma, ministero esiste in relazione agli altri, in uno scambio reciproco di doni nella Chiesa, popolo di Dio. “Valorizzando tutti i carismi e i ministeri, la sinodalità consente al Popolo di Dio di annunciare e testimoniare il Vangelo alle donne e agli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, facendosi «sacramento visibile» (LG 9) della fraternità e dell’unità in Cristo, voluta da Dio. Sinodalità e missione sono intimamente congiunte: la missione illumina la sinodalità e la sinodalità spinge alla missione”. Una missione che ha bisogno della partecipazione di tutti i membri della comunità, sulla base di una corresponsabilità differenziata, soprattutto nei processi decisionali. Padre Costa ha approfondito il significato del discernimento ecclesiale in comune – il metodo che abbiamo riconosciuto in questi anni come proprio di una Chiesa sinodale -, allo scopo di riconoscere e accogliere la volontà di Dio, rispetto ai passi da compiere. Un discernimento che ha come strumento anche la conversazione nello Spirito – diventata una bella consuetudine nelle nostre comunità -, che consente di fare spazio agli altri e all’Altro, nell’ascolto reciproco e nella preghiera. Molti gli spunti sulla formazione affidati ai presenti da padre Costa, che ha sottolineato come, per crescere in uno stile sinodale, sia importante attivare processi di discernimento ecclesiale che riguardano sia l’individuazione delle priorità della missione, sia la definizione di procedure di “governance” adeguate a una Chiesa sinodale. Servono, allora, persone competenti capaci di accompagnare tali processi, serve formarsi alla sinodalità, anche preparando facilitatori. “In Italia, questa prospettiva della formazione è veramente centrale, è stata scelta come uno degli assi portanti del Cammino sinodale, ed è una formazione a livello personale, comunitario e a livello strutturale, perché dobbiamo crescere anche nel dare forma alle strutture attraverso cui viviamo nella Chiesa”. “Dobbiamo diventare una Chiesa che si ascolta veramente e ascolta quello che fa lo Spirito”, ha detto padre Giacomo mostrando la foto – simbolo del Sinodo: i delegati a confronto in aula Paolo VI, attorno a tanti tavoli rotondi, sotto la “direzione musicale” del Cristo risorto, nella grande scultura bronzea che domina l’aula.
Durante la serata, moderata da don Antonio Mensi, vicario per le Collaborazioni pastorali, sono intervenuti anche il direttore della Scuola di formazione teologica, don Virgilio Sottana, e il vescovo, mons. Michele Tomasi. Il Vescovo, sia nel saluto iniziale che nel suo intervento conclusivo, ha messo in luce il prezioso servizio della Scuola fin dai suoi inizi, e di recente l’impegno per il percorso formativo offerto agli organismi di partecipazione di tutta la diocesi. Un servizio destinato anche ad ampliarsi, ha sottolineato il Vescovo, che “diventa così un accompagnamento dei percorsi formativi di tutto il popolo di Dio in cammino – laici, consacrati e prebiteri -, un popolo che vuole continuare a darsi forma attingendo alle Scritture, alla tradizione, al magistero, alla riflessione teologica, capace di ridarsi parole per dialogare, parole da ascoltare, da condividere, da comunicare, per riuscire a dire, anche oggi, la bellezza della nostra fede e la bellezza di Cristo”.
(Alessandra Cecchin – articolo pubblicato nella Vita del popolo del 23 novembre 2025)



Cinquant’anni fa, il 19 ottobre 1975, usciva nel settimanale diocesano La Vita del Popolo un breve articolo – a firma dell’allora “Ufficio Diocesano di Pastorale” – dal titolo “Scuola di teologia per tutti”, in cui si annunciava l’imminente avvio di un “Corso triennale di teologia”. Iniziava così: “Molti sono i laici che da tempo chiedono che venga loro offerta la possibilità di un approfondimento teologico per una formazione personale e per una preparazione all’impegno apostolico”. E vent’anni dopo, uno dei primi iscritti, ricordando quei giorni, scriveva: “La cosa era davvero appassionante per tutti coloro che, scegliendo di essere cristiani, già impegnati in parrocchia per attività varie, sentivano l’esigenza di approfondire di più… Non c’era alcun interesse personale nella scelta di frequentare quella scuola, se non il desiderio di approfondire, conoscere e capire meglio la Parola di Dio”.
Queste parole, rilette oggi a distanza di tanti anni – mentre molte cose sono cambiate, nella società, nella Chiesa, e quindi anche nella nostra Scuola diocesana – non solo ci riportano all’entusiasmo e alla freschezza degli inizi, in quella stagione di Chiesa vivacissima che furono gli anni del post Concilio, ma sono parole in cui si avverte anche una passione e una sete che non sono mai venute meno nel corso degli anni. Una passione e un desiderio che hanno sempre motivato le tante persone – alcune migliaia! – che in questi decenni hanno frequentato le attività della Scuola. Sono loro che, con la propria presenza attiva e costante, con la personale ricerca interiore e le proprie attese, “hanno reso possibile” la Scuola, così come continua ad essere oggi. Molti siete presenti anche stasera.
Ecco, è a questa vostra passione e generosità che la Scuola in questi decenni ha offerto il proprio servizio per una formazione biblica e teologica. Un servizio, certo, al cammino di fede personale, sempre in qualche modo in ricerca. Ma occorre ricordare che per parecchi anni la Scuola ha anche contribuito alla formazione di chi si preparava a diventare insegnante di religione nella scuola primaria e secondaria. E progressivamente è cresciuta negli ultimi decenni anche la collaborazione con vari Uffici diocesani, per cercare di andare incontro alle esigenze formative di chi svolge un servizio nella propria comunità parrocchiale, in ambito liturgico, caritativo, e di annuncio.
Se allora un anniversario è anzitutto l’occasione per rendere grazie di tanto bene ricevuto, il primo grazie stasera va a voi, “studenti” di ieri e di oggi, per la vostra passione e dedizione che continua ad arricchire il cammino delle comunità cristiane, della nostra Chiesa diocesana.
E, insieme, vogliamo stasera anche esprimere sincera gratitudine a tante persone che nel corso degli anni hanno dato il loro personale contributo, con generosità di tempo e di energie, al servizio della Scuola. Penso anzitutto ai tanti docenti che si sono succeduti in passato e a quelli che tutt’ora mettono a disposizione le loro competenze e la loro passione; in particolare vorrei ricordare quei docenti che sono stati anche direttori della Scuola, a partire da quelli che possiamo chiamare i “padri fondatori”, don Antonio Marangon e don Piero Fietta, ai quali tutti noi dobbiamo molto; e poi dal 1998 al 2004 don Leone Cecchetto, e dal 2004 al 2016 don Stefano Chioatto, al quale sono personalmente grato per la vicinanza manifestatami in questi anni. Penso poi al personale di segreteria, di oggi – la cooperatrice Laura – e di ieri, a partire dall’immancabile Maria Concetta (per tanti anni segretaria: anche a lei la Scuola deve molto) e tante altre persone che negli anni hanno dato una mano, in modi diversi, per un servizio che ancora oggi rimane fondamentale per le attività della Scuola. Penso anche agli Uffici diocesani, a tanti che hanno collaborato in questi ultimi anni. E, non ultimo, il nostro Seminario diocesano, che continua generosamente a mettere a disposizione i suoi ambienti. A tutti vogliamo esprimere stasera il nostro grazie sincero e riconoscente.
Infine, permettete un grazie particolare – e anche personale – al nostro Vescovo Michele, al vicario per le CoPas don Antonio Mensi e al delegato Andrea Pozzobon, per l’attenzione riservata alla Scuola in questi ultimi anni, con un contributo di riflessione e di prospettiva che – sono certo – potrà dare continuità a questa lunga tradizione, secondo le esigenze che il nuovo contesto ecclesiale richiede. Ci auguriamo che possa crescere sempre più nelle nostre comunità la sensibilità circa il valore della formazione biblica e teologica, per una presenza e testimonianza cristiana sempre più limpida e luminosa di fronte alle sfide di questo nostro tempo. Grazie.
don Virgilio Sottana, direttore SFT